lunedì 22 marzo 2010

Disintegrazione del linguaggio

Tra gli appassionati e i cultori della lingua si leggono e sentono spesso allarmati discorsi riguardanti il degrado in cui versa la lingua italiana. Sono essenzialmente due gli argomenti che vengono utilizzati per dimostrare tale degrado: il primo, più datato e urgente è quello della sempre più diffuso uso improprio di tempi e modi verbali, oltre che di altri elementi grammaticali come i pronomi relativi. Il secondo, meno urgente e figlio della recente rivoluzione informatica, riguarda la distruzione dell'ortografia ad opera specialmente delle generazioni più giovani. In entrambi i casi si tratta però a ben guardare di mutamenti superficiali, che non vanno a intaccare quello che è lo sopo principale della lingua, ossia l'elaborazione e lo scambio di informazioni.

Nel caso della grafia da sms infatti si tratta semplicemente di forme grafiche che divergono dall'ufficiale, ma che non alterano minimamente il valore fonetico delle parole che rappresentano.
Certo possono essere considerate poco chiare, esteticamente sgradevoli e quant'altro, ma resta il fatto che “x tt qll k si kiamano Marco” viene letta da chi scrive e da coloro verso i quali è diretta, esattamente nello stesso modo in cui sarebbe pronunciata se fosse scritta “per tutti quelli che si chiamano Marco”. Riguardo a questo tipo di espressione scritta si potrebbe obbiettare che l'omissione di alcune vocali renderebbe ambiguo il significato, ma si tratta dello stesso fenomeno che caratterizza da secoli la scrittura delle lingue semitiche, che sembrano non sentire la necessità di introdurre la notazione delle vocali, se non ad uso di chi le vuole apprendere da zero. In sostanza, si tratta di un fatto puramente grafico, che non riguarda in alcun modo la lingua nel suo aspetto fonetico e logico.
La questione dell'uso improprio dei tempi e modi verbali è sicuramente più sentita. L'origine dialettale delle sostituzioni del congiuntivo con il condizionale o l'indicativo ne ha sempre fatto una questione diastratica importante: l'utilizzo corretto di modi e tempi era ed è insomma una manifestazione di maggiore cultura, segno di distinzione fra colti e incolti, come anche di emancipazione dall'ignoranza per i poveri che accedevano alla cultura. D'altro canto si può vedere lo slittamento dei modi e dei tempi come una naturale evoluzione linguistica, simile a quella che ci ha portati a sostituire la declinazione dei casi con l'uso delle preposizioni, alla scomparsa delle particelle enclitiche e via dicendo. Il punto importante però è che dal punto di vista dell'informazione, l'utilizzo del condizionale in luogo del congiuntivo è assolutamente irrilevante: “se andrei al mare mi divertirei”, “se andavo al mare mi divertivo” e “se andassi al mare mi divertirei” comunicano precisamente lo stesso messaggio, differendo in realtà solo da un punto di vista estetico o diafasico. Il parlante colto potrebbe addirittura decidere di utilizzare tutte e tre le forme a piacimento, avendo così la possibilità di esprimere il medesimo concetto in tre registri linguistici differenti. Dal punto di vista stilistico si potrebbe quindi considerare questa varianza formale come una ricchezza anziché un impoverimento. Lo stesso identico discorso si potrebbe fare a proposito di tutte le caratteristiche del cosiddetto italiano neo-standard: si tratta sempre di fenomeni strutturali, che non vanno ad alterare il contenuto del messaggio e, che vengono viste in malo modo per ragioni puramente estetiche, le quali a loro volta possono avere cause storiche, sociali etc.

Insomma, le derive morfosintattica e grafica dell'italiano, che tanto spesso vengono bersagliate dagli strali dei puristi della lingua, a mio parere non sono fenomeni preoccupanti, per la semplice ragione che si tratta di mutamenti che riguardano la struttura con la quale viene comunicato il messaggio, non il contenuto del messaggio stesso. Se la conoscenza della forma con cui viene comunicata una serie di informazioni è necessaria alla comprensione, in questi casi non sussiste alcun reale problema, in quanto ci si trova di fronte a varianti mutualmente comprensibili e tutte attestate dall'uso comune. In altre parole un parlante incolto non avrà alcun problema di comprensione verso ciò che gli viene detto da qualcuno che utilizzi in modo corretto il congiuntivo, come del resto la professoressa di lettere, pur se inorridita di fronte al vostro “se io sarei partito prima avrei trovato traffico”, avrà capito perfettamente ciò che intendete dire.

Quindi tutto bene? No, a mio parere non è così. La lingua italiana si sta effettivamente disintegrando, ma non per le ragioni che mi capita spesso di sentire. A mio parere il vero problema sta nella disintegrazione del lessico, cosa che davvero va a colpire la base del discorso, cioè l'informazione, il contenuto. Al giorno d'oggi si usano un gran numero di vocaboli come fossero sinonimi, quando in realtà non lo sono. Questo porta da un lato a diminuire i significati esprimibili, dall'altro a ridurre la precisione della corrispondenza fra ciò che si vuole intendere e ciò che è effettivamente inteso. Se si chiedesse ad esempio quale sia il significato della parola “elegante”, la stragrande maggioranza delle persone sosterrebbe significhi “ben vestito”, quando in realtà essa è il participio presente di eleggere, ossia scegliere. Elegante quindi è quasi sinonimo di ricercato, mentre è comunemente inteso come sinonimo di ordinato, regolare. Un significato cioè del tutto diverso se non incompatibile. Allo stesso modo si utilizzano di consueto in modo indifferente i termini attraente e seducente, quando nel primo caso si dovrebbe intendere un qualcosa verso il quale le cose tendono, mentre nel secondo un qualcosa che le conduce scientemente verso di sé. Quasi il contrario. Di esempi del genere se ne potrebbero fare molti, ma credo questi siano sufficienti.

Questa perdita di distinzione fra significanti impedisce la giusta espressione dei significati, portando quindi all'utilizzo di parafrasi inutili e a volte alla difficoltà di comprensione perché sì, quando non si ha una corrispondenza biunivoca fra significante e significato, spesso il messaggio non arriva a destinazione così come dovrebbe e questo è un problema reale della lingua, al di là di inutili estetismi.

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